Sbagliando si impara!
…dice un noto proverbio italiano.
E nonostante nasconda una grande verità lo utilizziamo senza pensare al suo vero significato, confinandolo a frase fatta per consolare qualcuno o come scusante per i nostri sbagli.
Ma a conti fatti facciamo tutti l’esatto contrario: quando sbagliamo infatti, non riflettiamo sui nostri errori… con il risultato che non impariamo niente!
Se anche tu ti riconosci in questa situazione, non ti preoccupare, è assolutamente normale!
Matthew Syed, giornalista e autore del libro “Black Box Thinking”, chiarisce come al giorno d’oggi viviamo una società che tende a colpevolizzare il fallimento e a premiare il successo, così nel lavoro come nella vita privata. Può sembrare giusto, ma nella realtà la strada per arrivare al successo non è così facile.
Pensa, ad esempio, a quando eri uno studente: a meno che tu non abbia frequentato una scuola o un’università particolarmente innovativa, ricorderai ore passate sui libri a studiare e fare esercizi per dare il massimo agli esami. Un brutto voto non era assolutamente contemplato e sarebbe costato una punizione. La tua vita scolastica era racchiusa in un ciclo di lezioni frontali, “studio matto e disperatissimo” ed esami. Di sperimentare, provare nuove cose o prendersi dei rischi, nemmeno a parlarne!
Fin da piccoli veniamo influenzati da questa mentalità e crescendo, sviluppiamo la paura di fallire; arriviamo addirittura ad evitare la possibilità di affrontare nuove sfide, anche quelle che ci porterebbero al successo. Ma il fallimento, più che una minaccia, dovrebbe essere considerato come parte del percorso:
“Se vuoi diventare un grande musicista, devi prima suonare molta cattiva musica. Se vuoi diventare un grande tennista, devi prima perdere molte partite…” – Babineax and Kumboltz, psicologi (da “Black Box Thinking” di M. Syed)
I nostri errori nero su bianco: il C.V. dei fallimenti
Nel 2010 Melanie L. Stefan, docente della Scuola di Scienze Biomediche dell’Università di Edimburgo invita, in un articolo su Nature, a realizzare oltre al classico C.V. dei successi, anche quello dei fallimenti.
Ad accettare l’invito è stato ad esempio Johannes Haushofer, assistente docente di Psicologia alla Princeton University, che tra insuccessi scolastici e professionali, come articoli rifiutati, fondi per la ricerca non concessi e borse di studio non assegnategli dimostra come dietro ai suoi successi (visibili) ci siano stati tanti tentativi fallimentari (invisibili).
Stesso discorso vale per Bradley Voytek, PhD. all’università di San Diego, che è stato anche più coraggioso! A differenza di Haushofer, che ha creato un documento a parte, Voytek ha inserito i suoi fallimenti fianco a fianco ai suoi successi, nello stesso C.V., rendendo ancora più evidente come i due aspetti siano in relazione.
“Ho sbagliato più di 9000 tiri nella mia carriera. Ho perso quasi 300 partite. 26 volte, mi hanno dato la fiducia per fare il tiro vincente dell’ultimo secondo e ho sbagliato. Ho fallito più e più e più volte nella mia vita. È per questo che ho avuto successo.” – Michael Jordan
C’è addirittura chi ha pensato che un elenco non fosse sufficiente e ha voluto spingersi più in là!
Sara Rywe, consulente di Management, ha ribaltato il suo C.V. dettagliando le competenze che le mancano e raccontando brevemente ciò che ha fatto e quali sono state la spinte emotive nel cercare di raggiungere determinati obiettivi (come colloqui di lavoro e premi) prima di fallire, evidenziando le condizioni che avrebbe dovuto soddisfare per avere successo.
E infine, Alexandra Roshchina, che a differenza degli altri, non propone un riassunto cronologico della propria vita professionale e accademica, ma racconta alcuni aspetti della propria personalità, enfatizzandone i difetti (sappi che è un pochino permalosa), ed alcune esperienze personali negative (un divorzio può insegnare molte cose); sicuramente ha il pregio di saper fare autocritica! Sarebbe interessante leggere una versione aggiornata del suo C.V. in futuro, per vedere se raggiungerà gli obiettivi che si è posta per migliorare.
E tu… stai pensando di buttare giù il tuo C.V. dei fallimenti?
Diciamoci la verità: nessuno lo manderà mai a un potenziale datore di lavoro (ah me se lo hai fatto o lo farai in futuro, segnalacelo!), ma potrebbe essere un ottimo esercizio per prepararsi ad un colloquio o anche solo per capire quali esperienze e competenze ti mancano per raggiungere i tuoi obiettivi. Come minimo utile per capire dove hai sbagliato (e perché), per non ripetere gli stessi errori e migliorarti.
“Non ho fallito. Ho solamente provato 10.000 metodi che non hanno funzionato.” – Thomas Edison
Fallo. E vedrai che al prossimo colloquio, quando il selezionatore ti farà la solita domanda idiota “qual è il suo peggior difetto?”, avrai una bella storia da raccontare.