Visto l’interesse per il Personal Branding nato in ambiente Startup (ho il piacere ad esempio di essere il docente di Personal Branding per Digital Accademia di H-Farm, ma anche uno dei mentori in H-Camp), ecco il primo di una serie di tre articoli sull’argomento pubblicati qualche mese fa per StartupItalia.eu
Che il Personal Branding, soprattutto online, sia una delle competenze principali per il lavoro è addirittura il Wall Street Journal a dirlo
Ma quindi cosa ha a che vedere con gli startupper?
Senza addentrarci in ridondanti definizioni, in questo contesto partiamo dal considerare il Personal Branding come l’identificare e il comunicare la ragione per cui qualcuno ci sceglie. Del resto il Brand altro non è che un meccanismo per facilitare la scelta di prodotti e servizi. Allo stesso modo anche le persone possono rendersi rilevanti, differenziandosi e manifestando quello che le rende uniche.
Quali sono, quindi, gli interlocutori di cui uno startupper può influenzare la scelta grazie a un Personal Brand rilevante?
In questa prima parte vediamo quello forse più importante, gli investitori. Nelle prossime approfondiremo media, pubblico e collaboratori.
Investitori
Oltre a tutti i temi legati al progetto in sé, gli investitori saranno interessati a capire se stanno puntando i loro capitali sulle persone giuste. In questo senso occorre comunicare prima di tutto credibilità e affidabilità: abbiamo le competenze giuste? Conosciamo adeguatamente il mercato e il settore in cui stiamo lavorando?
Ad esempio la fashion blogger Shauna Miller. Si è concentrata sul “fashion discount”, rispondendo perfettamente ad un bisogno delle sue lettrici: far sentire le donne belle e a proprio agio anche con abiti a basso costo. Conosce il suo pubblico? Decisamente sì, tanto che in poco tempo ha raccolto intorno al suo blog una numerosa community. Ecco probabilmente perché WallMart ha deciso di investire sulla neo-collezione di abiti disegnata proprio da lei.
Altro aspetto importante sarà la motivazione:
Dimostrarla non è facile, ma vi sono modi per far percepire l’idea. Uno degli esempi più divertenti in questo senso è il video del pitch di Alex Napetshnig, co-fondatore di Klash, l’applicazione per sfidare i tuoi amici a fare qualcosa di folle.
Alex si presenta decisamente in maniera non convenzionale a Jason Calacanis, dimostrando da un lato la value proposition della sua applicazione e dall’altro di non essere decisamente il tipo da tirarsi indietro:
In aggiunta, lo startupper parte già da una piattaforma personale, preferibilmente online, dove trovare validi collaboratori e scoprire e diffondere nuove idee? È un fattore di successo che alcuni tengono sempre di più in considerazione. Una buona reputazione e un’immagine rilevante sono un veicolo per poter ottenere un appuntamento con qualcuno e proporgli un’idea da valutare, anche solo per un feedback. Un grande vantaggio in contesti dove il tempo degli interlocutori di rilievo è sempre limitato. Le imprese di Roberto Esposito devono essere state un buon biglietto da visita nel momento in cui si è trovato a presentare sulla carta DeRev.com per ottenere un finanziamento… di 1.5 milioni di euro!
In alternativa può essere opportuno puntare su una delle colonne portanti del Personal Branding, il networking, il miglior meccanismo per generare visibilità che abbiamo a disposizione.
In questo senso è esemplare Paolo Privitera, co-fondatore di Pick1. Basta mettersi in ascolto sul suo account Facebook per capire quanto l’arte dello schmoozing esercitata magistralmente sia importante per veicolare la propria startup.
È inutile dire che, ovviamente, ci cercheranno su Google e ai primi posti troveranno LinkedIn. Prendiamo in considerazione l’esemplare e rilevante Google CV di Tiziano Tassi, co-founder di Caffeina Lab che ci offre anche un profilo Linkedin ottimamente compilato.
E, visto che Linkedin assomiglia sempre di più a Facebook, è il caso di iniziare a manifestarsi anche lì e non a trattarlo come un mero CV online.
Pubblicato originariamente su Startup Italia
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