Essendo ambiziosi per natura, probabilmente non ci dispiace impegnarci più del solito sul lavoro quando è necessario. Mi metto per primo all’inizio della fila, va benissimo! A patto che lavorare di più significhi ottenere anche un risultato migliore, dal punto di vista dell’efficienza o della qualità del lavoro stesso.
Siccome siamo esseri umani, siamo costruiti (è un fatto genetico) per preferire uno sprint, quindi un maggiore sforzo in poco tempo, rispetto a una maratona. Questo per dire che alla lunga la situazione può diventare poco sostenibile: è un punto fondamentale, perché non sempre impilare ore su ore di lavoro implica un miglioramento della qualità o dei risultati.
Bisogna fare attenzione: più spesso di quanto pensiamo lavorare tanto (troppo) può danneggiare la produttività, o peggio, dare l’impressione di lavorare troppo poco quando poi si torna a un ritmo normale, sostenibile.
Prima o poi, ma sarebbe meglio prima, ce ne rendiamo conto tutti: l’equilibrio tra vita e lavoro non è solo importante, è FONDAMENTALE!
Quanti deciderebbero di abbandonare un posto di lavoro stabile perché si accorgono di non stare bene? Io l’ho fatto e devo dire che mi sto trovando bene. Un manager “all’antica” potrebbe storcere il naso se qualcuno mette se stesso davanti al lavoro, ma probabilmente è perché anche lui ha ricevuto un cattivo esempio.
Ho provato a cercare qualche ragione più scientifica per dimostrare che lavorare tantissimo non implica sempre lavorare bene:
- Come sottolinea Tim Clark nel libro Business Model You, il libro che ha rivoluzionato il Personal Branding edito da Hoepli e curato da Luigi Centenaro, siamo portati considerare più importanti i costi finanziari legati al nostro lavoro e a sottovalutare il costo materiale del tempo dedicatovi, e ancora meno i costi immateriali quali stress, lontananza dalla famiglia, senso di non appagamento, disallineamento con gli scopi aziendali o con i valori dei nostri clienti, capi o colleghi.
- I risultati sono peggiori – A volte non abbiamo scelta, quando c’è bisogno di darci sotto c’è poco da fare, bisogna darci sotto. Ma sarebbe meglio farlo solo per brevi periodi di tempo, perché siamo suscettibili alla fatica sia fisica che mentale, se non abbiamo il tempo sufficiente per ricaricare le batterie.
La stanchezza inizia a manifestarsi dopo circa 8 ore di lavoro, si inizia a sbagliare di più e il risultato finale è passare più tempo a correggere gli errori che a portare a termine i task successivi. A questo punto non vale più la pena. Lo dice anche l’Università di Stanford. - Non voglio dire che lavorare troppo fa male alla salute, anche perché questo lo sappiamo tutti. Però continuiamo a farlo. Come si fa a fare un buon lavoro quando arriviamo già stanchi la mattina perché non ci siamo concessi il tempo per riprenderci, recuperare le energie e la passione?
Quando siamo stanchi capita più spesso di commettere errori banali, non essere completamente lucidi e quindi fare un lavoro approssimativo. - Diamo l’impressione di essere diventati pigri, anche quando non è così. Se qualcuno parte a mille lavorando 7 giorni su 7 e poi torna a un ritmo “normale”, finisce per produrre un effetto negativo su chi osserva. Ricorderanno sempre che ha rallentato, senza considerare che l’anomalia era prima.
La nostra risorsa più preziosa è il tempo, perciò dovremmo tutti iniziare ad attribuirgli il giusto valore. Ti pare facile, mi potresti rispondere. Ok, come si fa?
Ci ho sbattuto la testa mille volte, in qualunque luogo abbia lavorato ho trovato un metodo diverso di pianificare le attività. Te l’assicuro, ne ho provati tantissimi, ma alla fine mi ritrovo sempre con una penna e un foglio bianco, magari di un’agenda, a scrivere una semplicissima lista di cose da fare.
Quando diventano tante si può utilizzare un calendario (quello di Google o Apple vanno benissimo e si sincronizzano da soli su tutti i dispositivi), o un’app che consenta di pianificare i task da svolgere: mi trovo molto bene con Wunderlist, ma ci sono centinaia di task manager più o meno complessi. Anche un semplice promemoria impostato sullo smartphone può fare miracoli. In sostanza, ci vuole un piccolo sforzo di pianificazione.
Lo step successivo è renderci conto di quanto tempo consumiamo effettivamente su ciascuna attività: se non vuoi cronometrarti a mano potresti provare a usare un servizio come Clockify, che ti consente di inserire tutti i progetti e cronometra al tuo posto, basta avviare il tempo e poi stopparlo quando passi a un altro task. Oppure puoi inserire gli orari d’inizio e fine lasciando al tool il compito di tirare le somme. I report sono molto completi, ma soprattutto possono farti vedere dove sono finite quelle due ore in cui non ricordi cosa hai fatto ieri ;) .
Con un minimo di organizzazione in più si può recuperare una buona quantità di tempo prezioso e impiegarlo in cose che ti fanno stare bene, ma va bene anche solo rilassarsi un pochino. Per tutti i motivi di cui sopra, dovrebbe giovarne anche la qualità del lavoro.
Sarei curioso di conoscere anche la tua esperienza: hai altri consigli per ottimizzare la nostra lotta quotidiana contro il tempo? Parliamone insieme!
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