Ecco l’ultimo degli articoli che avevo chiesto ad Anna Martini.
Questo in particolare nasce da un’idea che abbiamo sviluppato in comune:
come è possibile che nella pratica dell’Outplacement si dia ancora così poca importanza al Personal Branding e ai Social Media?
Al termine di un mio corso ci eravamo lasciati un giorno dicendoci: “mai più Outplacement senza Personal Branding!”
L’Outplacement è già cambiato, o sta cambiando?
L’Outplacement oggi è diverso, lo dimostrano i fatti stessi; diventa, infatti, sempre più fondamentale curare la propria immagine on line, con i dovuti accorgimenti del caso, e questo aspetto, a mio parere, diventerà davvero la base di un nuovo modello di Outplacement che andrà ad integrarsi a quello tradizionale: si stanno gettando le basi per identificare un nuovo standard di servizio: l’ Outplacement 2.0
Cosa è l’Outplacement 2.0?
E ‘ un mix di metodi su misura, finalizzati alla ricollocazione dei candidati, aiutandoli a rendere il loro profilo visibile, ricercabile, interessante, coerente, accattivante e allo stesso tempo a valorizzare, ampliare e utilizzare in maniera positiva il network che ognuno di noi ha, o dovrebbe avere.
Dove sta realmente la differenza?
l’Outplacement, inteso nel suo significato più tradizionale, è il servizio di supporto alla ricollocazione di una o più persone che, per diverse ragioni, si trovano a dover fuoriuscire dall’azienda che offre loro questo servizio. Il percorso consiste nell’autovalutazione e nella riqualificazione del candidato per condurlo a riaffacciarsi sul mercato del lavoro, dopo aver svolto insieme a lui un “bilancio di competenze”, andando a sviluppare il network e i contatti con le aziende in funzione dei progetti professionali condivisi con il Consulente di carriera.
La diversità parlando di Outplacement 2.0 sta proprio nell’utilizzo del web come spazio per lavorare sulla propria immagine, sulla propria reputazione per ribaltare questa ultima parte del percorso e fare in modo che, oltre al cercare, ci si possa anche far trovare!
Come si deve fare Outplacement oggi?
Mettendo in atto delle strategie di Personal Branding!
L’obiettivo è sempre quello: fare in modo di farsi scegliere, potendo scegliere!
Outplacement e Personal Branding
Per provare a collegare il concetto di Outplacement 2.0 con quello di Personal Branding, partiamo da alcune considerazioni che ci suggerisce Luigi nel suo libro< ma anche nel suo Blog,
- La qualità del mio lavoro passato, determina il mio posizionamento per quello futuro
- Il Personal Branding riguarda il modo con cui tu comunichi i tuoi punti di forza e perché sei diverso dagli altri
- Il tuo Personal Brand è il motivo per cui qualcuno ti assume o richiede i tuoi servizi/prodotti
- Il Personal Branding è inevitabile
- Il paradigma è cambiato, i veri protagonisti sono gli utenti, coloro che creano e fruiscono i contenuti e i servizi del Web2.0
- Nel Web2.0 il protagonista sei TU che, utilizzando i servizi a tuo vantaggio, generi allo stesso tempo i suoi contenuti
- Il Web2.0 è pervaso da un’incessante conversazione
- I Social Media sono il doping del Personal Branding
- Il Personal Branding oggi si costruisce partecipando alla conversazione online
- La vera moneta del Web2.0 e dei Social Media è la reputazione
- Il tuo Brand non rimane forte a lungo se non viene sostenuto dalla competenza
- La tua competitività = [le cose che sai fare] X [le persone che conosci + le persone che conoscono te]
- La tua rete di conoscenze fa parte del tuo Capitale Sociale
l’Outplacement 2.0 si basa, quindi, su un diverso modello di comunicazione e di conversazione, non più intesa unidirezionalmente come candidato-azienda ma anche viceversa; l’azienda riceverà, dal candidato, delle informazioni direttamente o indirettamente che potranno agevolarlo nella scalata al colloquio.
Valorizzando il Personal Brand Online, utilizzando un modello di Outplacement 2.0 si ragiona a monte su queste informazioni, si mappano, si pianificano, si orientano, si focalizzano al progetto Professionale che si condivide insieme al candidato; non si aspetta la risposta del mercato, la si anticipa!
Concludendo
La considerazione che “La qualità del mio lavoro passato, determina il mio posizionamento per quello futuro” è la base di un Outplacement 2.0, unita però alla consapevolezza della necessità programmare un lavoro mirato per fare in modo di valorizzare il passato e renderlo accessibile a chi ci dovrà trovare in futuro.
Condivido e sono convinto che il Personal Branding sia la strada che i professionisti ed i singoli in genere devono seguire per potersi proporre ai potenziali clienti.
L'Outplacement 2.0 potrebbe portare notevoli benefici a colui che cerca una ricollocazione lavorativa temporanea o a lungo termine.
Il problema che vedo io, conoscendo un pò la natura di noi italiani e dell'essere umano in generale, è che pochi, secondo me, avranno la pazienza e costanza di costruire insieme al consulente di PB una propria reputazione online al fine di rendere l'Outplacement 2.0 efficace.
Tutto e subito è quello che le persone vogliono, soprattutto quando sono in difficoltà, E questo non è possibile ottenerlo in poche settimane o pochi mesi.
La cosa migliore sarebbe COMINCIARE questo cammino PRIMA di perdere la propria posizione lavorativa e con l’aiuto di un consulente inserire nel web contenuti che pian piano costruiscano il suo brand personale. Un lavoro costante ed organico di mesi e mesi e poi continuare ad alimentarlo anche con piccole attività online sui social networks o il proprio blog.
Ma questo per molte persone, ammesso che ne abbiano la consapevolezza, potrebbe essere difficile da perseguire, visto che la visibilità che otterrebbe sul web è visibile anche ai suoi colleghi e datori di lavoro con le conseguenze immaginabili.
@Luigi e @Anna, due domande.
Come, secondo voi, una persona può convincersi che deve cominciare a darsi una visibilità sul web MOLTO tempo prima di perdere il suo lavoro (non limitandosi ad aggiornare il suo profilo LinkedIn)?
Non è controproducente cominciare la costruzione del proprio brand personale proprio nella posizione di non occupato dando di se l’immagine dello sfigato o addirittura del disperato che si affida ai social network per trovare un’occupazione?
Complimenti per l’ottimo lavoro che fate
Rosario Rizzo http://www.rinorizzo.com
@Rosario grazie del commento ed ecco che provo a risponderti:
L'esigenza di sviluppare il proprio Personal Branding, a mio parere, deve nascere dalla passione che, a monte di tutto, mettiamo nel nostro lavoro o in un nostro interesse e per queste ragioni non considero l'attività di PB solo propedeutica al discorso della "perdita del lavoro" ma alla nostra immagine a "tutto tondo". Allo stesso modo parlando di PB non mi riferisco solo a Linkedin, ma ad un atteggiamento legato al modo di comunicare "le informazioni su di noi" alla possibilità di farci trovare secondo ciò che vogliamo "si sappia di noi", senza falsare le informazioni ovviamente.
Aggiungo che il fatto che il nostro datore di lavoro veda che stiamo lavorando per sviluppare il nostro PB non dev'essere un ostacolo, anzi!
Penso sia un valore aggiunto che possiamo dare sia per il business dell'azienda per cui lavoriamo, sia per il network; è un ottimo esempio di coerenza on line e off line
Riguardo alla seconda domanda, se fare PB essendo disoccupati possa essere controproducente per la nostra immagine facendoci percepire come dei "possibili sfigati" la mia risposta è che, l'attività di PB andrebbe anticipata, ma non essendo sempre possibile farlo per svariate ragioni (tra cui il fatto che non ci si pensa) è "meglio tardi che mai!" e quindi, come consulente di Outplacement considero doveroso offrire questo strumento ai candidati che seguo; chi non parte da zero, potrà fare un check-up sul proprio PB, chi invece deve impostarlo, lo farà in maniera organizzata, ma etica e coerente!
Spero di aver risposto alle tue domande e ti ringrazio.
Anna
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