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Come salvarsi il Personal Brand nell’era dei meeting video e della “low-touch economy”

Luigi Ferrara
Content Manager di BigName. Consulente di Marketing digitale con più di 12 anni di esperienza, con un focus su strategia, pianificazione e contenuti. Collabora da sempre con grandi e piccole agenzie digital.

C’è stato un tempo in cui pensavamo tutt* che saremmo tornati presto a fare riunioni in ufficio. Riunioni che, come ora ci stiamo rendendo conto sempre di più, potevano essere tranquillamente un’email o una videocall.

Come salvarsi il Personal Brand nell'era dei meeting video e della low-touch economy
Fonte: threadless.com

Oggi si parla di low-touch economy perché di fatto la pandemia ha portato dei cambiamenti nello stato dell’economia e della nostra società che sono destinati a rimanere con noi per lungo tempo.

Ma tutto ciò cosa comporta per la gestione della nostra immagine professionale, che pericoli/opportunità offre per il nostro Personal Branding?

Low-touch economy

La definizione di low-touch è abbastanza esplicativa: del resto siamo obbligati ad adottare dei nuovi comportamenti (il distanziamento sociale in primis) che si ripercuotono in maniera pesante anche in altri settori.

Alcuni dei trend che stiamo vedendo o vedremo nel futuro prossimo (e cambiano giorno per giorno):

  1. Riprogettazione degli ambienti di lavoro per tenere tutt* più al sicuro, laddove non sia possibile svolgere le attività da remoto (ad es. nelle fabbriche);
  2. L’esperienza di mangiare fuori, e in generale la maggior parte del settore della ristorazione, si adattano in varie maniere per garantire un certo equilibrio tra sicurezza, comodità e accoglienza (tavoli all’esterno, separatori all’interno, riduzione dei posti a sedere per aumentare le distanze);
  3. Gli eventi a cui si partecipa fisicamente (concerti, conferenze, spettacoli, manifestazioni sportive, ecc.) cercano alternative alla presenza fisica del pubblico;
  4. L’istruzione e la didattica subiscono un cambio di paradigma con le aule virtuali e le lezioni a distanza;
  5. Il settore dei viaggi e del turismo, ma anche la mobilità in generale, saranno quelli che presumibilmente dovranno cambiare di più, dal passaporto sanitario alla riduzione dei posti.

Più resteranno attive le misure sanitarie, più tutt* assorbiremo e, quindi, renderemo permanenti i cambi radicali delle nostre abitudini. Moltissim* espert* sono d’accordo sul fatto che la ripresa durerà un paio d’anni, quindi meglio che le organizzazioni cerchino di adattarsi al meglio delle loro possibilità, per evitare di rimanere indietro dopo.

Per saperne di più sulla Low-Touch Economy puoi scaricare il report di Board of Innovation sul loro sito (c’è anche la versione tradotta in italiano).

L’aumento dei digital (low-touch) point

Il discorso è valido anche per gli ambienti di lavoro e per la società in generale. Non è ancora arrivato il momento di tornare a lavorare in ufficio, però tante volte abbiamo comunque l’esigenza di parlare faccia a faccia con qualcun*, e per “fortuna” possiamo farlo senza problemi grazie a vari strumenti di videoconferenza: Zoom, Google Meet, Skype, Microsoft Teams e chi più ne ha più ne metta.

Ormai passiamo una parte della giornata in videoconferenza, e paradossalmente vediamo altre persone molto di più rispetto a prima (anche se non di persona). Come facevamo circa un anno fa, ci raduniamo tutti nella stessa stanza, e come in qualunque dinamica di gruppo ci sono delle regole che sarebbe bene rispettare.

Ci sono tanti piccoli dettagli a cui stare attenti quando siamo in videochiamata, proprio perché tutto fa branding (la foto profilo, quello che abbiamo alle spalle, quanto è chiara la nostra voce quando parliamo, come ci comportiamo in riunione): al di là della semplice educazione, un particolare che riteniamo irrilevante potrebbe proprio danneggiare il nostro Personal Brand (o farci diventare famosi come i lavoratori del tweet qui sotto, ma è un caso raro).

Sul blog di Zoom c’è un interessante checklist, ma proviamo a espandere la mappa e dare dare qualche riferimento in più.

Prima della riunione

  • Indossare l’abbigliamento di ordinanza, senza essere necessariamente troppo eleganti: uno dei trend più diffusi in questo periodo è la cosiddetta “Zoom shirt”, termine coniato per indicare la camicia/giacca che si tiene sullo schienale della sedia del computer, o comunque nelle immediate vicinanze, per poterla indossare pochi secondi prima di attivare il video (e toglierla per tornare in vestiti più comodi appena finita la riunione). Naturalmente ci sono vari livelli di questa pratica: si va da chi ruota e stratifica i capi in base alla formalità dell’incontro a chi, invece, indossa sempre lo stesso capo (o la stessa tipologia). In ogni caso stiamo attent* alla coerenza con il nostro Personal Brand, perché è molto facile sembrare poco autentici. C’è uno splendido approfondimento del New York Times su questo tema;
  • Controllare che tutto funzioni correttamente: per fortuna tutti i software permettono di testare video e audio prima di entrare in chiamata, quindi facciamolo;
  • Attenzione alla luce: la qualità del video risente positivamente della luce. Più siamo illuminati, meglio ci vedono dall’altra parte. È preferibile quindi sistemarsi vicino a una finestra o avere una fonte di luce (magari una lampada) che sia posizionata di fronte a noi, non alle spalle, altrimenti otteniamo l’effetto contrario;
  • Attenzione allo sfondo: ricordiamo sempre che le persone non vedono solo noi, ma anche tutto quello che entra nell’inquadratura dietro di noi. Ovviamente è preferibile evitare di mostrare un letto sfatto o un cumulo di vestiti disordinati, ma a volte ci dimentichiamo elementi di vita quotidiana che potrebbero creare una cattiva impressione. Non è solo una questione di “essere decenti”, avere uno sfondo pulito e privo di distrazioni aiuta anche gli altri a focalizzarsi meglio su di noi. In realtà oggi abbiamo molte nuove opportunità per creare una buona impressione e innumerevoli elementi da condividere, quindi vale anche l’opposto, cioè possiamo inserire degli elementi che ci rappresentano e ci aiutano a comunicare il nostro Personal Brand;
  • Conoscere il software che stiamo usando: è opportuno che chi organizza/deve guidare la riunione sappia utilizzare le varie funzionalità del meeting. Ad esempio gestire stanze e partecipanti, la chat, i sondaggi oppure la registrazione. Occorre anche tenersi sempre aggiornati perché la continua evoluzione delle piattaforme porta all’introduzione frequente di nuove funzionalità. Ad esempio sapevi che con le nuove licenze Google Workplace si possono organizzare le Break-Out Rooms anche su Google Meet?
  • Impostare un’immagine del profilo: in caso non attivassimo il nostro video (oggi è lecito e chiedendo di farlo potremmo risultare maleducati, ma questo dipende in gran parte dal rapporto che abbiamo con l’altra persona), mettiamoci nei panni degli altri. Non è mai bello parlare a uno schermo nero o fissare un riquadro vuoto, quindi facciamo in modo di avere un’immagine del profilo impostata per il software che utilizziamo con il giusto focus e con un formato adatto al riquadro. In generale va bene un’immagine quadrata per Skype, Microsoft Teams e Google Meet, mentre per Zoom è sufficiente che non superi i 2MB di peso. Un altro vantaggio è che rimaniamo riconoscibil* anche a chi ci incontra per la prima volta o comunque non così spesso. Associare un volto al nome aumenta la probabilità di essere ricordati.

Come salvarsi il Personal Brand nell'era dei meeting video e della low-touch economy

Durante la riunione

  • Usare un paio di cuffie con microfono esterno: non usare il vivavoce ci dà la certezza di catturare meno rumori ambientali e avere un parziale isolamento in ascolto. Meno distrazioni significa più possibilità di farci notare nel meeting, o di rispondere nella maniera giusta quando veniamo interpellat*. Senza far sentire i lavori del cantiere stradale o il vicino di casa che smonta e rimonta i mobili. Inoltre, potremmo aggiungere che saper ottimizzare il proprio setup audio/video è una competenza molto utile da avere al giorno d’oggi, e non averla fa sembrare poco professionali;
  • Guardare nella videocamera quando si parla: quando parliamo di persona cerchiamo di guardare l’interlocutore negli occhi. L’equivalente da remoto è guardare nella videocamera quando siamo in videoconferenza. Sicuramente occorre farci un po’ l’abitudine, ma è una maniera abbastanza efficace di dimostrare agli altri che stiamo parlando con loro o stiamo dedicando loro il 100% della nostra attenzione nell’ascolto;
  • Non interrompere gli altri, alzare la mano per chiedere la parola: accavallarsi mentre si parla è fastidioso già dal vivo, figuriamoci i disastri che può causare in remoto. È molto più facile fraintendere/essere fraintesi, o soltanto dover perdere tempo a ripetere qualcosa perché nessuno l’ha capita, quando si parla addosso a qualcun altro. Tutte le piattaforme hanno il pulsantino per alzare la mano, usiamolo. Oppure possiamo alzare fisicamente la mano in video!
  • Attivare il microfono solo quando siamo noi a parlare: una volta ottenuta la facoltà di parlare, e solo in quel momento, dovremmo attivare il nostro microfono. Non essere in mute può essere visto come una mancanza di rispetto, e può esporci a figure non proprio lusinghiere in caso di voci o rumori fuori campo. Probabilmente non è nemmeno necessario tenere il microfono sempre aperto, perché anche il modo di collaborare è cambiato molto, diventando più orizzontale grazie alla possibilità di lavorare nello stesso momento su documenti condivisi e all’utilizzo di strumenti collaborativi come Mural.com, che hanno una potenzialità altissima di co-progettazione;
  • Non distrarsi o dare l’impressione di essere distratti: quando siamo in sala riunioni ci mettiamo a leggere le email, rispondere al telefono o mangiare? Non credo. E quindi non dovremmo farlo nemmeno da remoto. Essere distratt*, o anche solo sembrarlo, non può fare bene alla nostra reputazione (specialmente se incontriamo qualcuno per la prima volta, la prima impressione è quella che conta). Non dovremmo farlo, ma sappiamo bene che lo fanno tutt*. Teniamo presente, però, che si nota molto anche in videocall;
  • Disattivare il video quando ci si muove o si fanno altre cose: può capitare di doverci spostare in un’altra stanza o alzarsi perché magari hanno suonato alla porta. Non c’è bisogno di portare con noi il computer e far girare la testa a tutti con un effetto Blair Witch Project. Disattivare il video per pochi secondi è la soluzione ideale, se possibile avvisando prima;
  • Non condividere l’intero schermo: è buona pratica condividere, quando possibile, solo la finestra interessata dalla riunione. I motivi sono molteplici e non riguardano solo la privacy. Per dirne una, così facendo non spunteranno eventuali notifiche di messaggi vari (da Whatsapp, Telegram e quant’altro), calendario o altre applicazioni. Un elemento di distrazione in meno per noi e per gli altri partecipanti, e potremo focalizzare maggiormente la nostra attenzione. Si vede benissimo quando non siamo attent*. Se possibile, attiviamo anche la modalità “Non disturbare” in modo da respingere direttamente qualche distrazione in più.
  • Essere tolleranti: vorremmo essere sempre perfett* e rispettare tutte le regole, ma quasi nessuno riesce a essere presente in maniera ottimale nella situazione attuale e l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Una disconnessione improvvisa, un* bambin* che entra in camera all’improvviso (tutt* ricordiamo la bambina diventata famosissima durante un’intervista sulla BBC), un animale domestico che salta sulla scrivania… può capitare a tutti, quindi meglio adottare la linea della tolleranza con gli altri partecipanti, in modo che loro siano tolleranti quando capiterà a noi.

A fine riunione

  • Ringraziare e salutare tutt*: quando il meeting è giunto al termine l’host dovrebbe rimanere nella stanza, e dopo aver ringraziato tutti i partecipanti lasciare loro qualche minuto per congedarsi, scambiarsi un saluto o due parole su cosa viene dopo.

A questo punto ci resta solo da dire: non sei in mute, commenta pure qui sotto!

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