PersonalBranding.it è un progetto di Luigi Centenaro e di

Bigname

Un Personal Brand proverbiale…

Luigi Centenaro
Docente presso SDA Bocconi, POLIMI, WHU Dusseldorf, ESSEC Parigi e Bath SoM, fondatore di BigName, gli specialisti dell’innovazione di persone e team in azienda. Primo Personal Branding Strategist italiano, orgoglioso autore e curatore per Hoepli e fondatore di PersonalBranding.it (2008).

Questo articolo prende spunto da fatti realmente accaduti: sempre più spesso, quando sono in aula a spiegare concetti legati Personal Branding, qualche brillante se ne esce con un proverbio che riassume perfettamente quello che volevo dire.

Mi sono, dunque, ritrovato ad appuntare qua e là e raccogliere questi frutti di saggezza popolare ed ecco scattata la sfida: perché non utilizzare proprio i proverbi, espressioni di così facile comprensione, per illustrare le pratiche di comunicazione alla base della costruzione del proprio Personal Brand?

Ed eccomi qui ad avventurarmi in questo singolare viaggio tra Personal Branding e folklore…

Primo: la bugia ha le gambe corte

Quante volte te lo sei sentito ripetere da bambino?

Nell’era digitale questo assunto è sempre più valido: la verità è ad un solo click di distanza e chi ti legge o ti ascolta non ci metterà molto a scoprirla. Da qui una conseguenza naturale, la falsità è una strategia molto onerosa da portare avanti perché provoca più danni che benefici. Puoi fare grandi promesse ai tuoi clienti ma se non sei in grado di mantenerle nell’esperienza che fai vivere loro attraverso i tuoi prodotti o servizi, l’inconsistenza diventa parte della tua immagine professionale  con conseguenze facili da immaginare.

Il mio consiglio è quello di non percorrere neanche la strada delle mezze verità o ehm, dei mezzi curriculum, come succede spesso sui social dove immagini meravigliose nascondono magagne neanche troppo ben nascoste, a volte è sufficiente uno zoom per scoprirle.

Attenzione anche a quello che gli altri dicono o scrivono di te. Magari sono consulenti di comunicazione che cercano scorciatoie per renderti visibile, persone in buona fede o semplicemente mal informate, ma un falso titolo o un’attribuzione mendace possono nuocerti nel medio lungo periodo. Prendine immediatamente le distanze prima che un’innocua palla di neve si trasformi in una valanga.

In questo caso sempre meglio utilizzare canali ufficiali o comunque strumenti incontrovertibili, una PEC da conservare con cura  ad esempio, per smentire e dimostrare la propria onestà.

Ecco un bel libro sul tema, ma con un punto di vista differente grazie al grande Giorgio Nardone: L’arte di mentire a se stessi e agli altri .

personal branding

(Credit immagine: Chompoo Baritone)

Secondo: chi ha tempo non aspetti tempo

Prima di iniziare a comunicare il proprio brand personale è giusto osservare, guardarsi intorno e prendere spunti, purché questo atteggiamento di per sé costruttivo non si trasformi alla lunga in un eterno procrastinare.

Non restare fermo sull’orlo del trampolino, quando hai preso bene le misure buttati: prendere l’iniziativa è il miglior modo per imparare.

Non sei sicuro del tuo sito? E chi lo è fino in fondo? Non importa, aggiusterai il tiro strada facendo. Ricordati che spesso chi si vergogna della prima versione del proprio sito personale è chi lo ha lanciato troppo tardiComincia parlando dei tuoi interessi professionali, racconta la visione che hai del tuo settore e quando sei protagonista o semplicemente partecipante di un evento non aspettare che passi troppo tempo prima di parlarne altrimenti è come se non ci fossi stato.

Sui social il tempo reale è determinante: senza perdersi dietro ad ogni trend è davvero facile guadagnare visibilità e nuove connnessioni raccontando live un evento importante per te e l tu pubblico. Soprattutto su Twitter (sempre che abbia un futuro) che ormai vive solo di cronache live e notizie in real-time.

Un buon libro per trovare il focus e gestire l’equilibrio tra vita digital e non è Digital Detox di Alessio Carciofi, Hoepli:

Alessio Carciofi - Digital Detox - Hoepli

Terzo: chi si loda si imbroda

Tra il parlare di sé e il lodarsi c’è un’enorme differenza eppure il confine, a volte, è molto labile e scivoloso.

Per evitare di varcarlo è bene sempre tenere a mente una semplice regola: dovrebbero essere gli altri a parlare bene di noi.

Si rischia di cadere in questa trappola soprattutto quando non si ha un atteggiamento strategico e, in mancanza di idee o di direzione, si finisce per usare il soggetto su cui si è più preparati: se stessi. E proprio in quel momento ci si dimentica che non necessariamente tra i 7 miliardi di persone che affollano questo Paese ce ne sono molte realmente interessate a noi. Per questo è importante trovare temi che appassionino gli altri 6.999 miliardi!

Il Narcisimo, in particolare, è un pericolo insidioso soprattutto per i leader  e per le persone di successo che tendono a spiattellare in faccia gli altri la loro vita così bella e appagante o, peggio, finiscono per compilare interminabili elenchi di titoli e traguardi raggiunti.

Ecco che allora i profili LinkedIn si popolano di “vanta” e verbi simili rigorosamente declinati in terza persona. Ecco, se non hai una pagina su Wikipedia o non hai partecipato almeno ad una guerra, evita di parlare di te in terza persona.

Su questo argomento ti consiglio la lettura di uno dei miei libri preferiti: il Parsifal di Claudio Risé (soprattutto se sei un maschietto e quindi tendi ad “epicizzare” per antura).

Quarto: chi si esibisce non brilla

Ti sarà capitato di incontrare quel saccente, quello che sa tutto, che ha un’opinione su qualsiasi argomento e non vede l’ora di esprimerla. Senza scomodare l’effetto Dunning–Kruger, sui social questo avviene abbastanza frequentemente ed è tutto un fiorire di “io sono convinto che”, “è chiaro che le cose stanno così” o, peggio, “anche io avevo scritto/detto questa cosa almeno cinque anni fa”, affermazione particolarmente dannosa per il proprio Personal Brand.
Esprimere le proprie opinioni è importante, soprattutto quando si è competenti in una determinata materia, ma attenzione a non mettere da parte l’empatia e risultare troppo freddi e presuntuosi.

Le ragioni sono molto più profonde di quello che sembra a prima vista. Apparire freddi opinionisti dimostrando pure grande competenza non fa bene alla nostra immagine: leggiti la ricerca di Amy Cuddy in questo articolo sulll’impressione che generiamo quando ci mostriamo troppo competenti:

Quinto: chi più lavora meno mangia

È un fatto assodato: se sei molto occupato a lavorare, farai fatica a trovare tempo ed energie per investire sulla tua comunicazione. È il motivo per cui i professionisti migliori difficilmente si trasformano in Guru sulla Rete!

Questo, però, è un vero peccato perché la propria immagine professionale è uno degli asset più importanti che abbiamo a disposizione. Ciò che ci sosterrà  in un mondo in cui, molto probabilmente, dovremo lavorare fino a oltre settantacinque anni… sigh. Il Personal Brand, infatti, è un modello di business personale in cui il proprio brand è la risorsa chiave. Vale almeno tanto quanto le  tue competenze perché ti serve per far conoscere il tuo valore e attirare nuove opportunità. Per questo oltre a lavorare duro, studiare, diventare sempre più bravi è sempre più fondamentale prendersi cura della propria comunicazione, fare rete e sviluppare la propria immagine e notorietà. Per comprendere a fondo il concetto dei modelli di business personali non posso far a meno di consigliarti il libro che ho curato per Hoepli, Business Model You:

Business Model You di Tim Clark, Hoepli

Bene, ho provato a utilizzare e mettere in relazione la saggezza popolare come condensato di alcuni importanti concetti nella definizione della strategia di promozione personale.

Quali altri proverbi potrei usare? Suggerimenti?

Altrimenti “Chi vivrà vedrà“…

(quest’ultimo detto forse me lo potevo risparmiare ahah!)

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

ALTRI ARTICOLI CHE POTREBBERO INTERESSARTI

X