Pubblico un guest post di Anna Turcato.
Chantelle Harlow è una ragazza giovane e bella ma ha un problema alla pelle: la vitiligine.
Chantelle Harlow è la nuova testimonial di Desigual, un Brand di moda molto noto.
Come ci è riuscita?
Semplice: ha usato le peculiarità della sua immagine per definire il suo Personal Brand.
La sua immagine è tutt’altro che perfetta, come invece quella delle sue colleghe modelle, e Chantelle ha capito che questo suo punto debole, specialmente ai fini del suo desiderio di lavorare nel campo della moda, poteva diventare il suo punto forte, il suo tratto distintivo.
Evidenzia la tua diversità
Curare il nostro Personal Brand significa curare noi stessi come se fossimo una marca, una azienda. L’obiettivo è quello di farsi scegliere dal mucchio. E se non siamo diversi dagli altri, o meglio, se non mostriamo la nostra diversità positiva nessuno ci noterà!
Questo non vuol dire indossare abiti stravaganti ed estrosi per farsi notare, ma proporci attraverso l’immagine in maniera autentica e originale, interpretando la moda con la nostra personalità. Le chiavi, infatti, che uniscono Personal Brand e immagine, secondo me, sono originalità, autenticità, consapevolezza e valore. E, soprattutto, la coerenza. Se sei coerente anche sui Social Network, gestendo con la tua immagine un racconto uniforme, la tua personalità sarà più riconoscibile e ricordata.
Cambia le tue domande
Mi ha sempre colpito un fumetto in cui Charlie Brown dice: “quando pensi di avere tutte le risposte la vita ti cambia tutte le domande”; mai come ora le domande sono cambiate, soprattutto nel mondo del lavoro!
Lavorare sulla propria immagine in modo tale che racconti coerentemente il meglio di noi fin dal primo approccio può essere un elemento vincente nella nostra strategia. Ai miei corsi sulla strategia di immagine cito sempre l’esempio di Margaret Thatcher, perché è quanto di meno fashion si potrebbe pensare. Eppure proprio la Lady di Ferro è stata seguita da dei consulenti d’immagine prima di essere eletta, consulenti che hanno capito come il suo aspetto da signora inglese della media borghesia sarebbe stato il suo cavallo vincente. Quello che fino a quel momento era stato il suo punto debole (in un mondo aristocratico e maschile, come era la politica inglese in quel periodo) grazie all’immagine fu trasformato nel suo punto forte. Margaret era la donna che sarebbe stata votata dalle donne e dagli uomini come lei. Quindi, via libera alle perle e a quella pettinatura molto gonfia, così tipicamente “british”, che ricordiamo non appena pensiamo a lei.
Per passare al contemporaneo, Miley Cirus per togliersi di dosso il personaggio di Hanna Montana che tanto le ha dato, ma che probabilmente le stava un po’ stretto, ha puntato tutto sul cambio dell’immagine, allontanandosi dalle bionde trecce e adottando un look trasgressivo: un caso evidente di riposizionamento!
E tu con quale biglietto da visita ti presenti?
L’immagine è il nostro primo biglietto da visita, è scientificamente provato che nei primi secondi di conoscenza le persone si fanno un’idea pregiudiziale di noi (negativa o positiva). E questa idea passa prima di tutto dall’immagine. Una immagine coerente con il messaggio che vogliamo proporre lo rafforza, al contrario invece, potrebbe esserci una distonia difficile da superare con una “seconda impressione”. L’immagine sbagliata potrebbe anche ritorcersi contro di noi e il nostro lavoro: mi viene da pensare al fisico britannico Matt Taylor, che aveva fatto una scoperta astronomica grandissima ma noi ricordiamo solo la sua camicia con le Pin Up al momento della conferenza stampa (camicia per cui, in seguito, è stato costretto a scusarsi tra le lacrime).
Una scelta consapevole
L’immagine coerente deve passare da fuori a dentro la rete. Vestirsi, quindi, è una scelta consapevole. Non credo a coloro che dicono “la mattina mi metto quello che capita”. Anche un comportamento del genere, cioè non scegliere, è di fatto una scelta. E una immagine curata porta il mio interlocutore ad associare a me l’idea di cura dei dettagli anche in ambito lavorativo. Tutto il contrario della sciatteria. In conclusione: impara a far parlare la tua immagine e lei parlerà benissimo di te. Evidenziare un tratto distintivo in maniera ripetuta nel tempo ci renderà più memorabili avrà più probabilità di venire ricordato e noi con lui (basti pensare a Jolanda Restano e alla sua passione per il verde, che indossa sempre).
Attenzione però: se l’immagine che ci costruiamo addosso è finta e non corrisponde realmente a noi e ai nostri valori, non è coerente, è una maschera, prima o poi verremo, appunto, smascherati. Per essere vincenti occorre trovare un’immagine che mostri il meglio di noi stessi, non altro da noi. Per questo potrebbe esserti utile compilare il Personal Branding Canvas prima di pensare ad una strategia di immagine,.
L’immagine giusta è quella che riusciamo a vestire senza giustapposizioni e svela il meglio di noi fin dal primo approccio con l’altro. E per trovare la perfetta combinazione occorre partire da sé.
Dettagli, punti deboli e punti forti
Un modo è iniziare da un dettaglio, un colore che amiamo particolarmente e in cui ci rivediamo, un capo di abbigliamento a cui non rinunciamo mai, a volte anche quello che potrebbe considerarsi una sfortuna o un difetto può aiutarci a trovare il nostro tratto distintivo. Freddie Mercury si era fatto crescere i famosi baffi per nascondere i denti pronunciati, Coco Chanel aveva cominciato a portare quel taglio corto che fece scuola dopo essersi bruciata inavvertitamente i capelli sul fornello, Barbra Streisand non sarebbe stata certo altrettanto riconoscibile e riconosciuta senza il suo naso, un punto debole di fatto trasformato in un punto forte. Chantelle ha fatto esattamente lo stesso: invece di nascondersi sotto le coperte per non farsi vedere da nessuno, ha deciso di fare orgogliosamente di questo difetto il suo tratto distintivo.
Quindi, perché questo meccanismo funzioni bene occorre partire da una precisa consapevolezza di noi e dei nostri punti forti e deboli. Bisogna imparare a guardarci con sincerità e indulgenza e partire da quello che abbiamo già. Un buono strumento per fare questo è la SWOT Matrix, seguendo in particolare il processo CONVERTI, che troverai nel blocco dei “Punti di Debolezza”.
Hai già capito quale potrebbe essere il tratto distintivo della tua immagine in grado di rafforzare il tuo Personal Brand? Potrebbe nascondersi tra i tuoi peggiori difetti?



FreddiE Mercury, non Freddy ;)
Grazie!
Questo articolo mi è piaciuto molto! Sono d’accordo con Anna Turcato sul far leva su un proprio difetto, e non solo per il Personal Branding: quello che per qualcuno è un difetto, magari è un nostro punto di forza in un altro campo della vita. Applichiamolo, e troveremo la nostra strada.
Grazie. Hai già trovato il tuo?
Se l’autore si rifà ad un difetto estetico, non penso sia necessario amplificarlo per utilizzarlo come tatto distintivo, se ci si riferisce ad un “difetto” caratteriale comportamentale, allora andrebbe verificato cosa in tal senso possa essere catalogato come difetto, ma dato anche per buono questo, non trovo logico l’amplificare atteggiamenti ed aspetti negativi della propria persona al fine di caratterizzarsi.
Caro Antonino è proprio la parola difetto a non piacermi e la connotazione negativa che viene data a questo termine. Noi siamo come siamo e un percorso di consapevolezza passa sempre anche da uno di accettazione. Detto questo non è assolutamente tassativo prendere un difetto e farne un punto di forza ma mi piace spiegare che è una possibilità concreta.
[…] E a definire visivamente il tuo personal brand, come scrivevo in questo articolo su PersonalBranding. […]