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Personal Branding per donne: tra strategia e immagine

Il workshop al Talent Donna del 10 maggio scorso ha visto il contributo di Anna Turcato, bravissima e simpaticissima Image&Fashion Consultant. L’idea era di far comprendere che non solo serve una strategia di comunicazione, ma che anche immagine e stile hanno un ruolo importante nel Personal Branding; soprattutto oggi che siamo fotografate e “taggate” in continuazione, non solo nelle occasioni ufficiali, ma anche quando non ce l’aspettiamo!

La scelta del nostro stile di abbigliamento (così come scegliere di non avere uno stile) dice comunque molto di noi, anche se non ne siamo consapevoli.

Vale, allora, la pena di prenderci cura anche della nostra immagine, per dare la giusta prima impressione già da subito.
È qualcosa che, nonostante tutto, alcune donne faticano a fare. Forse perché influenzate dallo stereotipo per cui se sei troppo attenta al tuo aspetto non puoi essere contemporaneamente anche di valore?
Invece, come ha intelligentemente sottolineato Anna

Mostrare la tua femminilità non vuol dire essere meno credibile

Personal Branding… con stile!

Per evidenziare che l’immagine e lo stile non sono qualcosa che ha a che fare con il fashion, Anna ha portato l’esempio un po’ provocatorio di Margaret Thatcher: il look rigoroso della Lady di Ferro è ciò che l’ha aiutata ad emergere in un ruolo e in un mondo prettamente maschili.

 

Si tratta, quindi, di capire cosa vogliamo comunicare di noi, individuare il nostro stile e portarlo avanti, meglio ancora trovando un tratto che ci distingua e che, quindi, ci aiuti ad essere ricordate. Un po’ come fa la regina Elisabetta, con i suoi completi colorati!

E se non è possibile vestirci come vorremmo, per esempio quando l’etichetta aziendale prevede un abbigliamento specifico? In questo caso il consiglio pratico per non rinunciare a portare avanti la nostra cifra stilistica è: dettagli e accessori!

Ho intervistato Anna per approfondire questi argomenti.

Ci spieghi il tuo punto di vista sul rapporto tra Personal Brand e stile?

È notorio che la prima impressione conta: quello che trasmettiamo al nostro interlocutore con il nostro aspetto appena ci incontra crea in lui un’aspettativa e, se vogliamo, un pre-giudizio difficile poi da confutare. L’immagine è il tuo biglietto da visita. Questo può essere usato a nostro vantaggio: attraverso la nostra immagine possiamo decidere consapevolmente cosa dire di noi, raccontare chi siamo (o come vogliamo essere percepiti), qual è il nostro target, il nostro raggio d’azione etc., in pratica tutte le cose che vanno a identificare il nostro Personal Brand. Se l’immagine è coerente con il messaggio che proponiamo, è curata, attenta e, quindi, professionale, allora sarà un veicolo rafforzativo del messaggio stesso, altrimenti si creerà un effetto distonico difficile da superare e possibile motivo del rifiuto del messaggio stesso. Faccio un esempio così estremo da risultare evidente: se io propongo un messaggio riferito ad un target di vegani, il fatto di presentarmi con una giacca in pelle non solo farà prendere meno sul serio quello che dico ma farà anche sì che l’immagine faccia da scudo al mio messaggio, facendomi rifiutare o scartare ancora prima che io riesca ad esprimerlo. Questo funziona meglio se siamo coerenti con noi stessi e raccontiamo qualcosa di credibile. Quello che dici arriva meglio se ha un’immagine che ti assomiglia. La cosa fondamentale secondo me è non barare, ma seguire una linea di stile che sia il più possibile personale, che ci calzi a pennello e che possiamo vestire con maggiore naturalezza. Sei credibile se sei te stesso. Sei ancora più credibile se mostri, in maniera consapevole, la parte migliore della tua personalità fin dalla prima impressione. E questo si ottiene solo curando il proprio aspetto, ma senza forzature o costrizioni. Mostrare quello che sei è sacrosanto e anche un valore aggiunto. Se, però, hai un look trasandato, la prima impressione che il tuo interlocutore si farà di te sarà legata proprio ad un concetto di trascuratezza. Se sei curato, pure mantenendo il tuo modo di essere e di vestire, sarai associato all’idea di precisione e accuratezza.

L’immagine che si esprime con il proprio abbigliamento è qualosa di molto personale; quando offri una consulenza, su cosa ti basi per compiere le scelte giuste?

Per non sbagliare e creare qualcosa di artefatto si parte sempre da “chi sei” proprio come nel Personal Branding Canvas. Il proprio stile è un mezzo espressivo che deve esaltare la propria identità; è quindi necessario interpretare la moda attraverso la propria personalità. Personalità utile per veicolare un messaggio coerente. E dopo chi sei (e chi vuoi essere) anche cosa vuoi comunicare e “a chi lo vuoi comunicare”. L’analisi incrociata di questi elementi mi aiuta nell’elaborazione dell’immagine da cucire addosso al cliente e da fargli indossare con agio. Aver trovato una cifra stilistica che lo rappresenti sarà poi motivo di sicurezza.

Hai parlato di donne come Margareth Thatcher e la regina Elisabetta, che normalmente non sono percepite come esempi di stile: cosa hai voluto comunicare a chi ti stava ascoltando?

Vestirsi è una scelta consapevole, attraverso questa scelta possiamo fare proprio quello che ha fatto la Thatcher quando ha deciso di pensare ad un’immagine che la aiutasse a veicolare un messaggio utile rispetto al suo desiderio di diventare primo ministro. Attraverso la nostra immagine possiamo decidere subito cosa raccontare di noi e di mostrare la parte migliore (o più efficace) di noi, andando a sottolineare i punti di forza o facendo dei difetti i nostri pregi. Mi spiego meglio: il fatto che la Thatcher fosse una donna la rendeva meno credibile, ma l’aver puntato su uno stile che la identificasse subito come la classica e rassicurante signora inglese tutta d’un pezzo è stata invece la sua forza. Ho voluto comunicare con questo esempio, come con quello della regina Elisabetta, che scegliere uno stile non è affatto una cosa futile e farlo non significa mascherarsi ma svelarsi. Ci tengo molto a far capire che la moda deve essere considerata per quello che è, cioè un potente mezzo espressivo e non solo qualcosa legato a lustrini, grandi firme e paillettes.

Per alcune donne occuparsi troppo del proprio look è segno di frivolezza e va più a discapito che a favore della loro immagine; qual è il tuo punto di vista?

La donna, è noto, viene giudicata maggiormente per il suo aspetto e, per una serie di convizioni sessiste dure a morire, ha paura che il suo stile poi venga ad essere considerato più importante del suo messaggio. Ma non è così. Certo, ci sono dei lessemi stilistici da rispettare (in ufficio meglio una camicetta di una canotta da spiaggia), ma questo vale anche per gli uomini. Curarsi non significa dare troppo peso all’esteriorità: semplicemente presentarsi in un modo che metta a proprio agio noi stessi e anche il nostro interlocutore. Mi rendo conto che per le mamme impegnate in mille attività ogni giorno questo sia più difficile, ma credo che il rispetto per sé stesse e la propria identità siano fondamentali da non perdere. Essere mamma non deve diventare un alibi per non essere più noi stesse. Basta poco, anche puntare su qualche dettaglio in cui riconoscersi e comodo da indossare o scegliere la mattina.

Non sempre ci è possibile esprimerci come vorremmo attraverso il nostro look: che consigli ci puoi dare in questi casi?

Il consiglio è proprio quello di focalizzarsi su un dettaglio particolare con cui possiamo giocare maggiormente, pur mantendo un look formale. Un paio di occhiali colorati, una cintura, delle scarpe etc. Durante il mio intervento ho citato Jolanda Restano, che inserisce qualcosa di verde in ogni suo look e grazie a questo dettaglio coerente si fa ricordare più facilmente.

L’importante è proprio la coerenza: dentro e fuori dalla rete. Ormai siamo tutti sui social network, volontariamente con le nostre foto o anche involontariamente a causa delle foto degli altri in cui veniamo taggati (spesso anche a tradimento). Attenzione che con la nostra immagine comunichiamo sempre e possiamo usare questa cosa a nostro vantaggio, decidendo cosa comunicare di noi in maniera professionale. Dalla foto profilo alla vita di tutti i giorni.

Prima della tua presentazione hai lavorato anche tu sul Canvas e hai potuto vedere come funziona; pensi che possa essere di aiuto al tuo lavoro? In che modo?

Il Canvas è uno strumento fondamentale per ragionare su chi sei, quali sono i tuoi strumenti, i tuoi punti di forza e debolezza, perché sei credibile, il tuo posizionamento etc. e quindi utilissimo da utilizzare per ragionare sulla propria immagine in un’ottica professionale e di rinnovamento dei propri obiettivi lavorativi. Dal mio punto di vista tutto quello che comprendi e focalizzi grazie al lavoro sul Canvas si traduce poi nella creazione di un’immagine coerente e rafforzativa rispetto a quanto elaborato.

Hai parlato a un pubblico di oltre 50 donne (e un infiltrato…): hai incontrato qualche difficoltà?

Assolutamente no, gli organizzatori di Talent Donna hanno saputo creare un’atmosfera di condivisione e coesione davvero impressionante. Le donne presenti (+ l’infiltrato) sono state molto attente a quanto raccontavo e lo hanno compreso, regalandomi poi attenzione e feedback su quanto avevo detto sia subito dopo il mio intervento che in un secondo momento attraverso tutti i canali social. È stato molto bello per me sentire da parte di persone con un vissuto molto diverso (mamme di 6 bambini, piuttosto che donne ingegnere abituate a vivere e camuffarsi in un mondo maschile) che io avevo aperto loro una nuova prospettiva e stimolato a nuovi ragionamenti sulla propria immagine e il proprio stile fuori e dentro la rete.

Se vuoi conoscere meglio Anna puoi approfondire guardando il video del suo intervento al FreelanceCamp 2014:

 

1 commento

  1. Interessante articolo, il look in particolare per la donna rappresenta uno strumento per darsi un tono di personalità, da affermare spesso negli ambienti di lavoro non di rado maschilisti, certi tratti del look, del modo di vestirsi e del modo di comportarsi in coerenza con il look stesso possono inviare die messaggi comunicativi che “viaggiano” a livello inconscio capaci di generare sensazioni quanto meno a primo impatto di rispetto, autorevolezza, interesse, competenza ecc..gli occhiali sono uno di quegli accessori del look che possono maggiormente giocare un ruolo in questo senso. Si pensi alle teorie “Pnllistiche” secondo il quale il togliersi e mettersi gli occhiali durante un colloquio o dialogo affermerebbe un senso di competenza ed autorevolezza, oltre al fatto di dare il senso a chi interloquisce con questa persona di ricevere attenzione quando la parola passa all’altro, al momento in cui ci si toglie gli occhiali dopo aver parlato.

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